Rossella Daverio
5 min readAug 13, 2023

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Voci pop

LA «GENERAZIONE INVISIBILE» CHE GUARDA LONTANO

Intervista a Emanuele Lorenzetti, studente universitario di Fano (Pesaro e Urbino)

Emanuele Lorenzetti

Prossimo alla laurea magistrale in Scienze Politiche presso l’Università di Urbino dopo aver conseguito quella triennale alla LUISS di Roma, Emanuele Lorenzetti da Fano non ha ancora 25 anni (li compirà in dicembre). Ma nel suo quarto di secolo scarso ha costruito un patrimonio di letture, ricerche, esperienze professionali e incontri umani decisamente inusuale per quella che Ilvo Diamanti ha definito con incisività «la generazione invisibile». Dopo una lunga conversazione con Emanuele si è indotti a pensare che, lungi dall’essere invisibile, la generazione Z talvolta si vede benissimo. E guarda in alto e lontano.

Nel tuo percorso, che affianca agli studi universitari una serie di master e specializzazioni, spicca un deciso interesse per la geopolitica. Quali sono le sue origini?

Ero molto giovane quando mi sono appassionato a questo tema, all’origine del quale c’è stata la mia curiosità soprattutto per i cosiddetti processi di peace keeping. Credo mi sia stata trasmessa da mio padre, che da tempo si occupa di diritto umanitario internazionale e operazioni di risposta alle crisi.

Ho poi approfondito l’argomento attraverso i miei studi e tuttora mi interesso soprattutto alle relazioni tra gli Stati e, più in generale, tra le varie parti del mondo.

A questo proposito, come vedi il mondo di oggi con i tuoi occhi di giovane? E in particolare il ruolo dell’Europa?

Penso che sia caduta la grande illusione nata alla fine delle due guerre mondiali e poi della guerra fredda: quella che le democrazie liberali si sarebbero diffuse in tutto il mondo e avrebbero preso il sopravvento, determinando una sorta di conclusione dell’evoluzione umana, che il politologo statunitense Francis Fukuyama ha definito nel suo libro più celebre e controverso «la fine della storia». Così non è stato e ne abbiamo le prove ogni giorno.

Quanto all’Europa, sono convinto che sia una dimensione necessaria, ma che debba evolvere profondamente. Oggi c’è una disaffezione diffusa nei confronti dell’Unione Europea, ma credo dipenda non tanto dall’idea di Europa in quanto tale quanto dal processo decisionale europeo, percepito come lento e distante. È indispensabile insomma che l’Europa sia riformata nello spirito dei suoi padri fondatori e che sappia rispondere ad alcune domande: quali riforme sono prioritarie, come si potranno attuare e con chi? Con quali Stati membri? Oggi infatti non c’è una sola Unione Europea. Ce ne sono varie, in contraddizione tra loro. E con la guerra in Ucraina e le sue conseguenze queste contraddizioni rischieranno di aumentare.

Per passare dalla geopolitica alla società in cui viviamo, i giovani sono tra i più distanti dalla politica, che non li interessa e non sa rappresentarli. Come si può riannodare un legame che è vitale per il futuro della democrazia?

Per dirla in breve, rimettendoci in discussione. Tutti. Noi giovani per primi, che dovremmo interessarci di più al bene comune. E la politica anche. Dovrebbe infatti uscire dai suoi schemi arcaici per comprendere e integrare le profonde trasformazioni in corso, che sono un dato di fatto.

Siamo passati da una politica partecipativa a una politica “connettiva” e infine, oggi, a quella che viene definita platform society. Questo significa, in breve, che assistiamo, nel bene e nel male, a una frammentazione delle esperienze, a un processo di forte individualizzazione e a nuove forme di cittadinanza, in cui i cittadini hanno un ruolo ben diverso da quello di pochi anni fa. Per ricucire il legame tra giovani e politica credo che quest’ultima debba prendere in conto questa evoluzione e capirla.

Il sociologo Ilvo Diamanti ha definito anni fa i giovani «generazione invisibile», cioè priva di un’identità sociale e culturale chiara. Credo che tale definizione sia ancora attuale e si applichi anche alla mia generazione. Diventare visibili dipende sia dalla capacità della politica di capire il mondo di oggi, sia dalla nostra volontà di avere una voce. Solo così si potrà compiere un’evoluzione che mi pare indispensabile: quella di “ridemocratizzare” la democrazia. E liberare la libertà.

Emanuele Lorenzetti ragazzino ricevuto da Mario Mauro al Ministero della Difesa

Perché ti interessi oggi a Base Popolare? Come hai fatto a conoscerla?

Ti racconto un aneddoto sorprendente e anche divertente. La conosco grazie a Mario Mauro. E come ho conosciuto lui? A proposito di piattaforme, l’ho conosciuto via Facebook!

Nel 2014, quando era ministro della Difesa, Mauro ebbe a gestire il famoso caso dei marò detenuti in India. Io ero un ragazzino vivace, che, più che dedicarsi ai libri di testo, leggeva altro… tra cui la vicenda dei marò, che mi appassionò moltissimo. Trovai che il ministro stava agendo bene e glielo scrissi, appunto via Facebook. Con mia grande sorpresa lui mi chiamò, volle conoscermi e mi invitò al Ministero. Penso che la vita sia fatta di incontri e quello con Mauro è stato per me un incontro importante. Di recente è stato lui a parlarmi di Base Popolare… ed eccomi qui.

Me ne interesso perché credo ci sia spazio e bisogno di una voce moderata, di centro. Una voce che sappia alzare lo sguardo… per vedere oltre. È importante, per me, alzare lo sguardo: guardare oltre la cecità della ragione e, per usare un’immagine, oltre i confini di ogni tipo.

Torno per un istante all’Europa e ai suoi padri fondatori: De Gasperi, Adenauer, Schumann, Monnet erano tutti popolari e tutti uomini di confine. E alludo sia ai confini geografici sia a quelli tra due epoche. Il sentirsi “di confine” insegna molto. Innanzi tutto che accanto a noi c’è l’altro e che l’altro va rispettato.

Gli «uomini di confine»: Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schumann

Che cosa ti aspetti dall’incontro di settembre a Marina di Grosseto?

Mi aspetto che insieme si possa imprimere un avvio concreto a questo progetto interessante. E, poiché le persone che hanno dato vita a Base Popolare sono tutte di qualità, mi aspetto competenza. Perché la politica richiede molta competenza.

Qual è il tuo sogno?

Il più grande è realizzarmi davvero come essere umano.

Quanto al mio futuro professionale, da tempo sogno di… far parte di una compagine di governo, di avere un ruolo pubblico. Non per ansia di potere, ma perché desidero dare una mano alla società, contribuire al bene comune.

Fano

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Rossella Daverio

Esperta di comunicazione e people development, ha lavorato a lungo all’estero oltre che in Italia come manager e docente universitaria.