Rossella Daverio
7 min readJul 28, 2023

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Voci pop

Questa rubrica si prefigge di dare volto e voce a persone della politica e della società civile che — sia pure con ruoli, storie e sensibilità diverse — credono che i valori di un rinnovato popolarismo possano rispondere alle complessità, alle sofferenze e al bisogno di ascolto, giustizia e libertà della società del nostro tempo. Valori che l’associazione Base Popolare, nata lo scorso 19 luglio, si propone di incarnare.

POPOLARISMO: LA FORZA CHE UNISCE LE DIVERSITÀ

Intervista a Filippo Tripoli, sindaco di Bagheria

Filippo Tripoli

Da dove nasce la tua passione per la politica?

Dal mio nonno paterno, che dal 1946 al 1992 è stato consigliere comunale qui a Bagheria, più volte assessore e segretario della Democrazia Cristiana. Devo a lui la mia passione, che risale all’infanzia. Ho infatti cominciato a fare politica già a scuola.

E quali sono state le tappe principali del tuo cammino?

La prima, che mi piace ricordare, risale al 2003, quando frequentavo Scienze Politiche a Palermo e mi sono candidato per diventare consigliere di facoltà. In un ambiente allora molto connotato a sinistra, ho formato una lista civica trasversale. Nessuno se lo aspettava, ma abbiamo vinto e ottenuto quattro consiglieri su dieci. E io sono risultato il primo degli eletti.

In parallelo mi stavo formando politicamente in seno al CDU e poi all’UDC, il che mi ha consentito di avviare un percorso nel quale ho ricoperto vari ruoli di amministratore locale: consigliere comunale di maggioranza e di opposizione, assessore prima alle Politiche Sociali e poi alla Cultura e Pubblica Istruzione e, per un breve periodo, anche deputato regionale. Sono diventato sindaco nel 2019 grazie a una coalizione civica che mi ha candidato. E sono stato eletto al primo turno, cosa che non avveniva a Bagheria dal 1995. Sempre nel 2019 mi sono avvicinato a Italia Viva, dato che di fatto l’UDC era venuta meno, e tuttora sono dirigente regionale enti locali per questo partito.

Infine, circa due mesi fa, ho avuto modo di parlare con Giuseppe De Mita, ho seguito la nascita di Base Popolare e sono stato affascinato dal progetto. La mia tradizione e la mia indole sono autenticamente popolari e penso sia utile e opportuno alimentare quest’area culturale e politica, che nel paese oggi manca. Sono quindi pronto a dare una mano.

Che cos’è per te, in sintesi, il popolarismo? Perché ti senti popolare?

Credo che in politica occorra affiancare da un lato “radicalità” nelle proprie idee e nei propri valori e dall’altro equilibrio e moderazione nella pratica e nei comportamenti. In altre parole, un forte convincimento interiore non deve condurre all’estremismo nelle azioni, che è purtroppo quello che oggi vediamo accadere sempre più di frequente. Il popolarismo è invece, per me, la forza che riesce a unire le diversità, condizione imprescindibile per poter governare una realtà complessa, sia essa un paese, una regione o una città. Quando fai il sindaco non lo puoi fare in modo estremista. Ci sono princìpi inderogabili, certo, primi tra tutti la legalità e la lotta alla mafia. Ciò premesso, si deve essere aperti al pensiero altrui, disposti a fare dei passi indietro per il bene della comunità e per raggiungere degli obiettivi concreti. La radicalizzazione delle posizioni ostacola infatti la concretezza e trasforma la politica in ideologia.

Ecco, mi sento popolare soprattutto per questo. Ho delle convinzioni profonde ma mi apro agli altri e accolgo il loro pensiero con un obiettivo chiaro: il bene comune. Aggiungo che non è un caso che io sia stato eletto da un insieme di liste civiche. Credo che il civismo, da qualche tempo dilagante, sia alimentato dai tanti popolari che non si riconoscono in nessun partito e, attraverso i movimenti civici, reinterpretano in chiave moderna i valori del popolarismo.

Hai citato la legalità e la lotta alla mafia come valori imprescindibili. Base Popolare è nata il 19 luglio, data carica di memoria per tutti noi e per i siciliani in particolare poiché coincide con la strage di via Mariano d’Amelio. Che cosa è cambiato in Sicilia dal 1992 a oggi?

Da allora a oggi è stata data una “mazzata” decisa a cosa nostra. Il merito va in particolare a tre categorie di persone: i magistrati, le forze dell’ordine e gli insegnanti.

Al loro sforzo ha fatto seguito anche un cambiamento della politica siciliana. È innegabile che per molti decenni, dagli anni ’40-’50 agli anni ’90, la politica, lo stato, i partiti e la pubblica amministrazione abbiano convissuto in Sicilia con la mafia, che aveva allora una connotazione prevalentemente regionale. Poi, anche a causa della reazione popolare alle stragi, c’è stata una trasformazione enorme. Oggi in Sicilia la mafia non è più un’organizzazione piramidale inossidabile, le famiglie mafiose storiche sono state tutte stroncate, le denunce di pizzi sono ormai quotidiane e le confische di beni mafiosi anche.

Detto ciò, la mafia è finita? No. Ha soltanto cambiato pelle. Non è più rigida, si è parcellizzata. Se una volta agiva soprattutto attraverso il controllo del territorio e degli appalti, oggi «segue il denaro», come diceva Falcone, e opera a livelli molto alti. In parallelo è purtroppo tornata a investire nel traffico di droga. Se una volta uccideva con la lupara e il tritolo, oggi uccide con il crack, stupefacente a basso prezzo che sta invadendo le piazze delle nostre città. Infine non è più regionale ma transnazionale, a guida soprattutto della ‘ndrangheta che, a quanto dicono le indagini, resta la sola organizzazione mafiosa ancora gerarchica, a controllo familistico e con un numero molto ridotto di pentiti.

Torno, per chiudere, agli insegnanti e all’educazione in senso lato: quella che si riceve a casa e quella che si apprende nelle aule scolastiche. Io ho due figli. Uno di loro, che ha nove anni, un paio di settimane fa si è trovato ad ascoltare un servizio televisivo su Messina Denaro. E di botto mi ha detto: «Papà, questo qui è una cosa inutile. Noi sempre con le forze dell’ordine. Con la mafia mai!». Che significa questa reazione di un bambino? Che l’azione della scuola e delle famiglie è determinante. Prima delle stragi del ’92, il peggior appellativo che un tuo compagno di classe poteva darti era «Si’ sbirru». Oggi nessuno te lo dice più. Anzi, se qualcuno te lo dicesse, tu ne saresti orgoglioso.

Tuttavia non bisogna mai abbassare la guardia. La vita ci chiede ogni giorno di decidere tra il bene e il male. La mafia è il male. E sta a ciascuno di noi combatterla quotidianamente nei comportamenti, negli atteggiamenti e nelle scelte.

Bagheria, Villa Palagonia

Tu sei sindaco di un luogo di grande fascino storico e intellettuale, del quale Dacia Maraini ha scritto: «Bagheria mi è sempre rimasta nel cuore. Ricordo la sua struggente bellezza deturpata nel corso degli anni da una selvaggia speculazione edilizia, e ricordo anche gente coraggiosa ma in minoranza. Oggi qualcosa di profondo è avvenuto, un cambio di mentalità, una rivolta culturale, morale, prim’ancora che politica, che ha fatto sì che quella minoranza sia diventata maggioranza». È così?

Sì, è così. Bagheria si sta trasformando. Negli anni ’60 e ’70 la mia città è stata letteralmente sventrata dalla speculazione edilizia. La causa, a dire il vero, è da ricercarsi in una specie di co-interesse generale: edificare senza sosta era vantaggioso per la politica, per gli imprenditori, per gli speculatori e anche per gli operai, perché, finita la stagione agricola, qui purtroppo non c’era altro lavoro possibile se non l’edilizia.

Oggi stiamo cambiando in meglio. Molti ragazzi sono rientrati da fuori e hanno investito su se stessi, creando attività imprenditoriali belle e sane, legate soprattutto alla ristorazione e ai servizi. E così negli ultimi anni è aumentato molto il PIL generato dal turismo. Bagheria torna a essere apprezzata perché è piena di ville e di cultura, perché vi si mangia bene e per il suo borgo marinaro, Aspra, sul quale stiamo investendo e che è diventato il set di molte fictions. Quindi sì, è vero: quella minoranza coraggiosa è diventata maggioranza.

Il borgo marinaro di Aspra

Il tuo programma elettorale del 2019 è stato costruito intorno a quattro aggettivi-chiave per Bagheria: affidabile, solidale, sostenibile e connessa. Come valuti i risultati a distanza di quattro anni?

L’anno prossimo, in aprile-maggio, qui si voterà di nuovo. E, all’approssimarsi di questa scadenza, credo di poter dire che abbiamo realizzato non dico tutto, ma un buon 90 per cento di quanto abbiamo promesso ai cittadini in quel programma, che è stato messo in opera con coerenza e ha costituito la bussola di ogni nostra decisione.

Oggi le persone sono distanti dalla politica, disilluse, disincantate. L’indice più evidente di questo divario è l’astensionismo. Com’è la situazione nella tua città?

Negli ultimi anni, anche a causa della crisi determinata dal Covid, abbiamo assistito a un riavvicinamento delle persone alle istituzioni e soprattutto al Comune, che è il riferimento di maggiore prossimità. È certo che il cittadino misura l’affidabilità della politica in generale e di un Comune in particolare dai servizi che gli vengono erogati e dalla loro qualità. Se i servizi non funzionano, se la città in cui vive non cambia, è evidente che la gente non ritiene utile la politica e si disaffeziona.

Uno dei molti bagheresi famosi, Giuseppe Tornatore, ha dedicato un film alla vostra città, intitolato con il suo nome in lingua siciliana: «Baaria». E fa pronunciare a uno dei protagonisti una battuta diventata celebre: «La politica è bella». Sei d’accordo?

Assolutamente sì. Come ho detto, sto completando il mio mandato da sindaco e se qualcuno mi dovesse chiedere «te ne sei pentito?» risponderei senza esitazioni di no. È stato senza dubbio un lavoro molto difficile, come mi aspettavo, ma lo rifarei subito perché, sì, certo: la politica è bella.

Qual è il tuo sogno?

La mia vita mi appaga pienamente. Quindi più che di sogni parlerei di obiettivi: vorrei rendere sempre migliore Bagheria e concorrere a realizzare un’area popolare e riformista organizzata, strutturata e incisiva.

Il sindaco tra la gente di Bagheria

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Rossella Daverio

Esperta di comunicazione e people development, ha lavorato a lungo all’estero oltre che in Italia come manager e docente universitaria.