Rossella Daverio
8 min readSep 11, 2023

--

Voci pop

UNA CITTA’ NEL CUORE

Intervista a Michele Toniaccini, sindaco di Deruta (Perugia) e presidente di ANCI Umbria

Michele Toniaccini

La mia conversazione con Michele Toniaccini è stata interrotta sul nascere da una telefonata urgente. A chiamarlo era il prefetto di Perugia. Tema dello scambio: mille migranti appena arrivati in Umbria. Dove e come riceverli in una regione fatta di piccoli borghi e piccole città, con strutture di accoglienza non molto capienti? Ben oltre le alchimie del potere, sono questi i problemi della vita vera di cui si deve occupare ogni giorno un sindaco tanto più se, come nel caso di Toniaccini, è anche presidente regionale dell’ANCI. Ed è quindi da qui, dalle migrazioni, biblici esodi della nostra epoca che nessun confine e nessun decreto riuscirà a contenere, che abbiamo iniziato il dialogo.

Come gestirete questi mille nuovi arrivi? Più in generale, tu che le vivi al quotidiano, come guardi alle migrazioni? Come credi debbano essere affrontate?

Questi nuovi arrivati li accoglieremo in gran parte nella sola struttura adeguata che abbiamo in Umbria, un ex albergo a Fratta Todina, nella media valle del Tevere. E cercheremo di farlo al meglio.

In generale, sono convinto che si debba guardare alle migrazioni con umanità e con coscienza. Io ho una coscienza che cerco di non tradire e mi dice che i migranti sono persone. Quindi, prima di tutto, li si deve aiutare e soltanto dopo ci si può porre il problema della loro idoneità a restare nel nostro Paese. Da quando sono sindaco, mi sono sempre impegnato ad agire in questo modo anche a rischio di perdere consensi, perché i migranti, per essere chiari, non li vuole nessuno. C’è tuttavia una chiave affinché siano accettati: la qualità dell’integrazione.

Vorrei fare un esempio concreto che riguarda proprio Deruta. Nella nostra cittadina abbiamo ospitato qualche tempo fa una ventina di ragazzi, tutti molto giovani e provenienti dall’Africa centrale. Al loro arrivo li ho subito ricevuti per conoscerli e vedere quali fossero le loro attitudini professionali. Dopo di che il Comune ha organizzato dei corsi per insegnare loro le basi della lingua italiana e la sicurezza sul lavoro. Conclusa questa breve formazione, li abbiamo impiegati in attività di cura della città e del territorio e coinvolti nell’organizzazione di eventi, uno tra tutti La notte romantica che ha luogo qui ogni estate e che ci hanno aiutati ad allestire.

L’esperienza è stata bellissima: i nostri ospiti hanno lavorato con impegno e i cittadini di Deruta li hanno considerati pian piano parte della comunità, tanto più che erano bravi ragazzi che mandavano sempre alle loro famiglie rimaste in Africa i pochi soldi che riuscivano a guadagnare. Quando la loro permanenza da noi si è conclusa abbiamo addirittura organizzato una festa in loro onore nella frazione di Casalina, presso il suggestivo santuario della Madonna del Bagno. La cena è stata preceduta da una partita di calcio che ha visto contrapposti noi amministratori locali e i giovani africani. Per la cronaca… abbiamo perso noi. E sonoramente!

Ascesa al santuario della Madonna del Bagno

Per parlare del tuo percorso politico, come è nato e si è sviluppato?

È nato quando ero bambino a Todi, la mia città di origine, grazie a un padre attivista della Democrazia Cristiana. Ha preso poi forma a Deruta, dove mi sono trasferito dopo il matrimonio con una derutese. Quando sono arrivato qui ho desiderato far parte in qualche modo della mia nuova comunità. Si è trattato di un percorso in salita, perché — come avviene sempre in questo Paese dei mille campanili — c’era una certa diffidenza verso “lo straniero”. Sono stato accolto senza esitazioni solo dalla Croce Rossa… forse perché era contenta di aver trovato un donatore di sangue in più!

Il passo successivo è stato stimolato da un intervento di Ada Urbani, ex senatrice e amica della famiglia di mia moglie. Ada mi proposto di riprendere in mano la coalizione locale di centro-destra, che usciva da una brutta sconfitta elettorale. Ero molto giovane e mi sentivo impreparato a farlo, ma ho accettato lo stesso. Ho messo mano in fretta a tutti i problemi in sospeso, senza accorgermi che i miei ritmi rapidi non erano quelli della politica. Così sono stato attaccato e ho preso atto che la vita di partito non faceva per me. Mi sono allora dedicato alla mia famiglia e al mio lavoro quotidiano presso un’azienda di edilizia.

Poi, nel 2007, le sirene politiche hanno ripreso di nuovo a farsi sentire. Ho accettato di entrare in una lista civica in vista delle elezioni comunali. La mia campagna elettorale è stata semplice e diretta: ho iniziato dai miei vicini di casa e dai genitori dei compagni di scuola dei miei due figli. Alla fine, insperabilmente, sono risultato quinto su venti candidati e sono stato nominato assessore alla scuola e alle politiche sociali, una delega che non voleva nessuno.

Quei cinque anni sono stati utili per farmi conoscere dalla gente e conoscerla meglio a mia volta. Poi nel 2012 mi sono candidato di nuovo e ho ottenuto 587 preferenze, la cifra più alta mai raggiunta a Deruta. Per me è stata una bellissima soddisfazione, che tuttavia ha causato conseguenze negative: sono diventato il nemico numero uno dei miei colleghi di giunta, i quali hanno iniziato a farmi opposizione su tutto, dai trasporti agevolati per gli anziani al progetto di città cardio-protetta… Un calvario. Nel 2017 mi hanno abbandonato, scegliendo altre persone per la loro lista per impedirmi di candidarmi di nuovo. Ma a quel punto sono stato io a non rinunciare perché sentivo forte l’affetto della gente. Con un gruppo di cari amici abbiamo costituito una nostra squadra di persone competenti e disponibili e vinto le elezioni con il 49%. La stessa squadra si è poi ripresentata nel 2022 e ha ottenuto il 71%!

Queste percentuali per noi significano una grande responsabilità: quella di fare bene — anzi benissimo! — per i cittadini di Deruta che ci hanno offerto la loro fiducia. Il che vale in particolare per me che dal 2017 sono sindaco, ruolo che, lo preciso, non è un mestiere ma una vocazione: si è impegnati 365 giorni l’anno, senza sosta e senza respiro. Ma va bene così.

Inoltre all’impegno di sindaco unisco oggi quello di presidente di ANCI Umbria. Sono infatti stato eletto all’unanimità dai 92 primi cittadini della mia regione subito prima della pandemia e del lockdown, che, per essere eufemistici, non è stato semplicissimo gestire… Considero questo un riconoscimento non solo per me, ma anche e soprattutto per Deruta.

Il centro storico di Deruta

Parliamo appunto di Deruta, che è un condensato di arte e di storia. Ce la racconti in breve?

Deruta è un piccolo gioiello, noto nel mondo soprattutto per la sua produzione di ceramiche. Vale la pena di spendere una parola su questa tradizione artistica che risale addirittura all’XI secolo. Tuttora ci sono circa 120 aziende artigianali che vi si dedicano, il più delle volte nelle case. Quella della ceramica è infatti un’arte familiare che si tramanda di generazione e in generazione e i laboratori si trovano in fondo alle abitazioni o nei loro cortili.

Si tratta di una filiera bellissima, che purtroppo rischia di sparire e non certo a causa delle vendite, che proseguono bene in Italia e all’estero, ma in ragione della mancanza di manodopera. Per fare un esempio, una figura centrale in quest’attività è quella dei “maestri tornianti” o addetti al tornio. Oggi a Deruta ne sono rimasti sei, quasi tutti di età superiore ai 65 anni.

Come affrontiamo il problema? In questo caso, così come in altri, con la progettualità, perché senza progetti non si indentifica mai una strada. Ci stiamo adoperando per formare nuovi artigiani e abbiamo aperto una nuova sede del liceo artistico.

Antiche ceramiche esposte al Museo di Deruta

Com’è la Deruta di oggi, come sta evolvendo?

La ceramica e il turismo restano al cuore della sua evoluzione. Nel 2018 abbiamo promosso, per esempio, «La strada della ceramica in Umbria», un itinerario artistico-culturale, di sapere e sapori, che da Deruta si snoda fino a Gualdo Tadino, Gubbio, Orvieto, Città di Castello e Umbertide. Il suo obiettivo è non solo rivitalizzare i settori della ceramica e del turismo, ma anche mostrare la forte identità dei nostri territori e la loro capacità di fare squadra, di interagire per il bene comune.

Più di recente un altro risultato davvero importante è stato il nostro ingresso, insieme con Faenza, nella «Strada europea della ceramica», dove rappresentiamo l’Italia in un tavolo che include 12 Paesi. Parteciperemo alla prossima assemblea, che si terrà in Portogallo, e riponiamo grandi aspettative in questo progetto comunitario. Infine, un altro riconoscimento che ci tocca è l’attribuzione a Deruta del titolo di «città» da parte del presidente della Repubblica. Tale titolo viene infatti concesso a quei Comuni che si distinguono non solo per dimensioni demografiche, ma anche per valore storico e artistico.

Celebreremo questi due eventi — quello europeo e quello italiano — il 25 e 26 novembre prossimo, feste di San Simplicio, patrono della città, e di Santa Caterina d’Alessandria, patrona dei ceramisti.

Come hai sentito parlare di Base Popolare e perché ti interessa questa nuova associazione?

Me ne ha parlato per primo Gaetano Quagliariello, che conosco da anni, apprezzo molto e considero un punto di riferimento perché ha sempre saputo offrirmi consigli preziosi. Più di recente ho conosciuto anche Giuseppe De Mita e provo pure per lui molta stima. Guardo a Base Popolare con attenzione perché rappresenta per me una grande prospettiva.

Che cosa ti aspetti dall’incontro di fine settembre a Marina di Grosseto?

Innanzi tutto tengo a dirti che vorrei partecipare non solo a titolo personale, ma come rappresentante di Civitas, associazione di sindaci umbri di centro, presieduta dall’assessore regionale Paola Agabiti e nata dal bisogno di avviare un percorso comune che andasse oltre i partiti.

Dall’incontro mi aspetto una svolta politica che consenta ai moderati di trovare una casa. Oggi infatti siamo disorientati e non abbiamo più un partito di riferimento.

Infine vorrei dare a Base Popolare un suggerimento: quello di mantenere sempre vivo il contatto con i sindaci e con i territori.

Per chiudere, qual è il tuo sogno?

È quello di lasciare un segno evidente del mio lavoro in questo territorio. Un segno che, prima ancora che politico o amministrativo, sia etico e morale.

Panorama di Deruta

--

--

Rossella Daverio

Esperta di comunicazione e people development, ha lavorato a lungo all’estero oltre che in Italia come manager e docente universitaria.