SUL CRINALE

Rossella Daverio
8 min readApr 2, 2024

Basterebbe oggi un piccolo passo sbagliato per precipitare…

Odessa, 2024

In pochi momenti delle nostre vite è stata forte come in questo la sensazione, quasi fisica, di camminare in equilibrio precario lungo un sottile crinale della storia.

Basterebbe un piccolo passo sbagliato per precipitare, da un lato, verso un cumulo di macerie fino a esserne parte: quelle terribilmente reali di Gaza e di Odessa e quelle metaforiche di una politica dove la volgarità autarchico-populista è diventata maggioritaria, di una società sempre più fragile e ingiusta, di un linguaggio sempre più analfabetizzato e inconsapevole, segno tangibile di un’assenza di visione e di civiltà. Uccise entrambe dal degrado della scuola pubblica — unico luogo egualitario di crescita individuale e sociale — e dall’assenza di pensiero libero che ne deriva, riempita dal potere manipolatorio dei social networks e dal nostro narcisismo collettivo.

Ma lungo un crinale sono due i lati del paesaggio che si possono scorgere. Se lo sguardo si stacca per un momento dal disastro che pare circondarci per volgersi dalla parte opposta, forse riesce a intravedere una luce di cambiamento.

Ogni cambiamento implica molti rischi — e spesso molte macerie — ma offre altrettante opportunità. E nasce, sempre, da un atto di lungimiranza.

A tal proposito, mi è capitato in questi giorni tra le mani, forse non per caso, un saggio la cui prima edizione risale a trent’anni fa esatti, al 1994. Il suo autore, Francescomaria Tuccillo, aveva allora (incredibilmente) meno di ventiquattro anni. Il suo titolo è L’edificazione della nuova Europa e il suo tratto distintivo è, appunto, un’inconsueta lungimiranza.

La lungimiranza ha un destino amaro: chi è dotato di uno sguardo più lungo di quello altrui di solito viene considerato un illuso nel migliore dei casi e un pazzo nel peggiore. E sempre un disturbatore di abitudini tranquillizzanti. Ci vogliono anni prima che siano in molti a concordare in ritardo su ciò che alla prima lettura ritenevano follia. Succede con questo scritto, la cui veridicità appare oggi un’evidenza.

Il testo del ragazzo di allora prende le mosse da un assunto: la fine di un’epoca.

«Oggi possiamo affermare con certezza che è terminata un’epoca. La portata di tale affermazione non può̀ essere compresa se non si tiene conto del fatto che ogni epoca, ossia ogni parentesi storica (ἐποχή, in greco, vuol dire appunto mettere tra parentesi, sospendere il giudizio), è caratterizzata da un “equilibrio”.

«L’inizio dell’epoca in questione risale agli anni di quello sconvolgente e sanguinoso evento che è stato la Seconda Guerra Mondiale, al termine della quale, tra il 4 e il 12 febbraio 1945, vi fu un episodio conclusivo a Yalta, una città ucraina, sita sulla costa meridionale della penisola di Crimea, di poco più̀ di sessantacinquemila abitanti. Qui, sulle acque del Mar Nero, si svolse, infatti, la nota Conferenza, al termine della quale fu stipulato un patto, passato alla storia come il Patto di Yalta. Da quel momento iniziò la Guerra fredda. Per una posta in gioco così alta, il dominio del mondo, una tecnica tanto semplice: collocare sui due piatti della bilancia due forze uguali e contrapposte; ed uno strumento di dominio così antico, ma ancora così efficace: la paura.

«L’Europa, prostrata dal conflitto, fu la principale destinataria delle decisioni del Patto di Yalta. Una parte di essa fu asservita agli interessi statunitensi, e l’altra parte gravitò nell’orbita sovietica. Tutto ciò̀ fu cesellato dalla divisione geografica della Germania, con il muro di Berlino, segno tangibile della nuova configurazione geopolitica mondiale».

In sostanza a Yalta, luogo diventato storia nel 1945 — e tornato a esserlo nel 2014, quando insieme a tutta la Crimea rientrò per decreto o per forza nella Federazione Russa — i vincitori del conflitto mondiale si spartirono l’Europa tra loro, compromettendone il naturale sviluppo. E la dominarono grazie a un ricatto che ancora oggi vediamo in opera quotidianamente: la paura.

Yalta, 1945

Eppure, scrive Tuccillo citando Jean Monnet:

«Da parte di alcuni in questa fase già̀ vi era una maturata consapevolezza che la soluzione ricercata nell’unione era, almeno in teoria, la più̀ adatta per rispondere ai problemi di ripresa sociale ed economica. E ciò̀ spinse alcune forze politiche a lavorare fin dall’inizio in questa direzione. Ma nonostante tale consapevolezza, e nonostante “uno straordinario fervore intellettuale intorno all’idea europea […] tutto questo non aveva niente a che vedere con l’azione”: gli sforzi in tal senso non si concretizzarono nell’accettazione comune di un reale progetto di unione».

E ancora di questo stiamo pagando il prezzo. Un prezzo alto. Il saggio prosegue segnalando come Yalta fu uno dei momenti della storia in cui venne imposto un equilibrio non «naturale» ma «indotto», sorta di «labirinto» o «parvenza di libertà», luogo cioè dove ci si muove lungo infiniti corridoi senza via d’uscita con l’illusione di essere liberi senza esserlo.

È simbolicamente il crollo del muro di Berlino a porre fine, nel 1989, al «labirinto di Yalta»:

«La data del crollo del muro di Berlino può̀ essere indicata come la linea di demarcazione tra due epoche. È calato il sipario su un altro atto della grande komoidía, dietro le quinte vengono smantellati i vecchi scenari, e montate le impalcature necessarie alla costruzione di quelli nuovi. Tutto è in movimento: è la preparazione della nuova scena, sta per iniziare un nuovo atto. È iniziata una nuova epoca».

Berlino, 1989

Un’epoca in cui il baricentro del potere politico ed economico globale si sposta progressivamente dall’Atlantico al Pacifico e sono le nuove potenze asiatiche a conquistare il proscenio.

«Pare che oggi, l’asse economico mondiale, rispetto al nostro punto di osservazione, subisca l’influenza di una spinta ulteriore verso occidente: dal Mediterraneo all’Atlantico ieri, dall’Atlantico al Pacifico oggi.

«I canali attivati per il nuovo equilibrio economico mondiale potrebbero essere quelli che passano tra la costa nordoccidentale americana, ossia l’area californiana, e quella orientale asiatica, che va dal Giappone, alla Corea, alla Cina, alla Thailandia. La consacrazione di questo nuovo assetto sarebbe data dal legame, che si stringe sempre di più̀, tra due realtà̀ quali gli Stati Uniti e la Cina: il 27 maggio 1994 il presidente statunitense Bill Clinton ha rinnovato con la Cina la “clausola di nazione più̀ favorita” negli scambi commerciali.

Se il sole torna a spendere sul Pacifico, allora sul Mediterraneo e sull’Europa dovrebbe calare la “notte”».

Infine, è la descrizione di questa «notte» dell’Europa, determinata dai nuovi «equilibri indotti» del pianeta, a rappresentare la parte più profetica del saggio:

«Va di moda oggi una tendenza culturale che annuncia a gran voce il “nuovo Medioevo”, il ritorno cioè̀ dei “secoli bui”. Con tale espressione s’intende indicare il ritorno di tutto ciò̀ che di negativo c’è stato nell’epoca medioevale. E questo nuovo Medioevo sarebbe caratterizzato dall’esercizio del potere in modo “feudale” (nel proprio feudo non vi sono limiti, leggi o regole da rispettare, né nei riguardi degli uomini, né nei riguardi della natura) e dalla mancanza di una qualsiasi fantasia progettuale, che dia risposta alle fratture sociali esistenti (o, in una sola espressione, dalla notte della politica).

«In questo nuovo contesto, e in assenza di progetti in una società̀ caratterizzata da questo “egoismo neo-medioevale”:

– i popoli mediterranei dovrebbero rimanere fuori dai percorsi degli spostamenti dei flussi economici e, dunque, dalla possibilità̀ di un reale sviluppo;

– i popoli africani continuerebbero, nella loro qualità̀ di terzo mondo, a servire da serbatoio umano per i più̀ scellerati commerci (vivaio per il terrorismo, commercio di organi, mercato delle armi…);

– l’Europa avrebbe un nuovo ruolo, quello di museo del mondo, senza una identità̀ precisa, priva di un’attuale capacità propositiva e di una qualsiasi incidenza».

Potere esercitato in modo feudale, mancanza di fantasia progettuale, notte della politica. E ancora: Africa asservita ai più scellerati commerci, Europa ridotta a museo del mondo… Non sembra un affresco del nostro tempo? O di quello che rischia di diventare?

Sì, se dal crinale osserviamo le macerie e basta. No, se volgiamo lo sguardo a un orizzonte di cambiamento. Ed è ancora il saggio di Tuccillo a ricordarci che nulla è predeterminato perché «la storia non è così semplice da interpretare e da “gestire”. Il suo continuo scorrere spesso travolge sul nascere strutture in costruzione». E aggiunge:

«Facendo tesoro dell’esperienza passata possiamo ritenere che costruire un nuovo equilibrio “indotto”, al fine di renderlo funzionale a interessi particolari, finisca per essere solo un inutile tentativo di frenare l’inarrestabile corso della storia. Individuarne la direzione, attraverso i processi sociali nascenti, e cercare di guidarli, è il nuovo affascinante compito di una politica trasformata: la “nuova politica”.

«Sono infatti ampi gli spazi lasciati, in un equilibrio naturale, alla fantasia progettuale e dunque alla Politica. E quanto sia importante l’Europa in questo contesto è facilmente intuibile.

«L’attesa è grande: il sipario si sta alzando ed i nuovi ruoli non sono stati ancora assegnati. Perché́ nella nuova scena ognuno è libero di scegliere il proprio. Ma deve farlo in fretta.

«Il nuovo atto è già̀ iniziato».

Insomma, in sintesi, questa lettura ci ricorda come l’unica via possibile per costruire equilibri «naturali» e non essere schiavi inconsapevoli di quelli «indotti» sia la Politica. Quella vera.

Purtroppo la «nuova Europa» auspicata da un ragazzo di trent’anni fa non è ancora realtà. Tra due mesi andremo a votare per scegliere chi governerà l’Unione nel prossimo futuro. Sarebbe bello ricordarsi in quell’occasione che la Politica non è altro da noi e ricordarlo ai giovani di oggi che sono stati allontanati dal suo degrado. Dire a loro — e a noi stessi — che nulla è irreversibile.

Soprattutto, non fermiamoci spaventati perché, come qualcuno ha scritto, «un crinale è un luogo di sosta pericoloso». Andiamo avanti, combattiamo, fuggiamo dai labirinti, ribelliamoci se necessario.

In alcuni momenti della storia la speranza non è solo un sentimento. È un dovere.

Bruxelles, 2024

Il saggio di Francescomaria Tuccillo è stato pubblicato dalla «Rivista di Studi Politici» di Roma nel gennaio 1994 e poi, in una nuova versione aggiornata, nel giugno 2016.

Chi lo desiderasse può leggerlo integralmente scaricandolo da questo link:

https://drive.google.com/file/d/0B7_-mfFqJzukLXBPQ3lEUVh2X00/view?usp=drivesdk&resourcekey=0-fkZjTKjyujc4Y0IDwz_0bA

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Rossella Daverio

Esperta di comunicazione e people development, ha lavorato a lungo all’estero oltre che in Italia come manager e docente universitaria.